Per filo e per segno
Antonella Zazzera, Carla Accardi, Cristina Volpi, Paola Pezzi
dal 5 aprile al 20 maggio
Presenza in galleria: 54 - Pagine: 53 - Tavole a colori: 18
Comunicato stampa
di Federico SardellaLe scelte, in arte, non si limitano mai a sole questioni formali e sottintendono sempre una certa visione del mondo e delle cose, a meno che non si tratti solo di semplici e puri esercizi di stile, dei quali il panorama contemporaneo offre molteplici e trascurabili esempi.
La scelta di un linguaggio, o di uno stile, implica il raggiungimento di un senso che prende forma grazie alle tecniche più varie. Dalle avanguardie storiche in poi, la radicale rivoluzione dei linguaggi ha, da una parte, aperto a mille libere possibilità… dall’altra, inevitabilmente dato vita a sconfinamenti più o meno leciti, che vedono l’artista oggi come un personaggio ibrido che, per affermarsi, deve essere al tempo stesso fotografo, regista, vetrinista, pubblicista, attore, modello, stilista, editore, scrittore e, sopra tutto, manager… con le conseguenti, infinite, invasive costrizioni che tale situazione implica.
Vittime di un sistema malato e dilagante, molti degli artisti al momento fra i più acclamati lo sono esclusivamente grazie ad un’ottima gestione del proprio lavoro, catalogabile però alla svelta, a ben guardare, come un vago tentativo di esprimere concetti “vecchi” grazie all’uso di mezzi nuovi o grazie ad un sapiente impiego delle così dette “nuove tecnologie”.
Diverso ed emblematico è il caso di Carla Accardi, il cui successo, che si è verificato, certo, anche grazie ad una sana gestione del lavoro, si basa specialmente sulla qualità e sull’originalità dello stesso, oltre che su alcuni noti primati. In occasione di una recente visita al suo studio, a Roma, non a caso, mentre si chiacchierava con Francesco Impellizzeri, Carla ha tenuto a precisare, con orgoglio e tenacia, sentendone ancora il bisogno, vista la mistificazione dilagante, che lei è stata la prima a dipingere su una superficie trasparente: il sicofoil. Un materiale allora nuovo (parliamo degli anni Settanta…), che ha consentito all’artista di fare pittura astratta e di procedere come voleva, raggiungendo vette non ancora toccate da altri.
E oggi? I pensieri intelligenti vanno solo ripensati o è ancora possibile fare qualche cosa di nuovo? L’unica risposta che so dare ad una domanda tanto usuale la trovo, ancora una volta, grazie a Carla Accardi, che in occasione di un’intervista che le feci una decina di anni fa mi disse, con grande lucidità: “Di fronte all’arte è meglio essere ingenui piuttosto che furbi. Chi sa troppe cose l’opera d’arte non la fa…”.
La furbizia appartiene al nostro tempo. Oggi si raggiungono primati attraverso la retrodatazione di lavori o cancellando dai manuali di storia dell’arte esperienze fondamentali ma scomode, specialmente se di scarso rilievo commerciale ed economico. Ma una certa, consapevole “ingenuità di fondo” (quella del fanciullino…) appartiene all’arte. Doverlo ribadire mi pare persino fuori luogo eppure, oggi più che mai, è invece necessario. Ed è questa “ingenuità di fondo” che accomuna Carla Accardi, Paola Pezzi, Cristina Volpi ed Antonella Zazzera: gli artisti presenti in questa rassegna che, nonostante le grandissime libertà delle quali godono, non possono vivere dove e come vogliono, non possono fare o dire quello che vogliono… ma possono lavorare come vogliono, senza costrizioni, al di la delle mode, in piena libertà, dando forma alle immagini ed alle voci che hanno dentro.
La pittura di Carla Accardi si offre semplice e libera, ed incoraggia lo sguardo di chi la coglie. I suoi segni sparsi sulla tela oppure in fila ordinati si propongono come elementi di un alfabeto universale, sempre attuale e potenzialmente decifrabile da tutti. Fatto di colori irriverenti, che alle volte, danzando, rasentano il disturbo o l’interferenza, il suo dipingere contempla un perpetuo, inevitabile offrirsi a chi guarda, senza vincoli né limitazioni.
La stessa disponibilità la troviamo nelle sculture di Paola Pezzi che, impiegando materiali quali matite, feltri, fettuccine o gomme dà vita a strutture essenziali, dal nucleo pulsante e vivo, sempre pronto ad espandersi oltre il proprio orlo, liberamente, vista la loro esuberanza difficilmente arginabile, dove il segnare della vita si fa filo di un discorso potenzialmente senza fine.
Cristina Volpi si concentra invece su tessiture naturali come quelle prodotte dai ragni che cattura e traspone su carta, per poi riprodurle minuziosamente a china, tessendo frammenti di inconscio e attimi di sogno che diversamente sfuggirebbero, nei quali sono rintracciabili le spoglie di un tempo andato e le illuminazioni di quello che sarà, descritte con la libertà che solo l’onirico consente.
Ugualmente liberate, le complesse tramature di Antonella Zazzera sono il risultato di un lento, faticoso procedimento di sedimentazione che vede le sue strutture nascere costrette entro un telaio. Ed è proprio questa costrizione iniziale che permette alle sue opere in rame di vivere pienamente la loro condizione di forme libere, accarezzate e vivificate dalla luce: elemento fondamentale che completa l’opera e che ci permette di coglierla così come deve essere.
Seppur distanti, rispettivamente realizzati con pittura vinilica su tela, in feltro o in legno, con carta, inchiostro, fili di seta o di ragno, in rame e cellulosa, con le loro specificità, i lavori di Carla Accardi, Paola Pezzi, Cristina Volpi e Antonella Zazzera dialogano liberamente, con i propri fili ed i propri segni, raccontandoci la loro storia, per filo e per segno…